Il documentarista e commediografo americano e vincitore del premio Oscar 2017 per il Miglior documentario con Icarus, Bryan Fogel, protagonista di una conversazione a MIA|DOC.

La storia di Bryan Fogel e del suo documentario Icarus protagonisti a MIA 2018, un incontro speciale in cui il Premio Oscar svela tra gli altri la nascita di un progetto così importante nella sua carriera.  Tutto inizia nel 2014: Fogel è un appassionato di ciclismo fin da bambino e il suo eroe era stato fino all’anno prima il ciclista Lance Armstrong, vincitore al Tour de France dal 1998 al 2005. Ad Armstrong nel 2013 furono levati tutti i titoli conquistati per via del doping. “Ero appassionato di Lance Armstrong – racconta Fogel – e quando ho scoperto che si dopava mi ha scioccato il fatto che nessuno lo avesse scoperto”.

E per scoprirlo prese una decisione: partecipare alla Haute Route, la più dura competizione ciclistica amatoriale, facendo uso di varie sostanze dopanti, per vedere come e quanto avrebbero migliorato la sua prestazione e scoprire in che modo falsare i test. “Ho deciso di investigare su questa cosa come un atleta amatoriale -svela Fogel -. Se potevo battere io ogni test cosa avrebbero fatto gli altri atleti?”.

In un primo momento ad aiutare il documentarista ci fu Dan Catlin, il fondatore del primo laboratorio di analisi Olimpico UCLA. Tuttavia dopo qualche settimana Catlin si ritirò per un conflitto di interessi. A questo punto entra in scena lo scienziato russo Grigorij Rodčenkov, direttore del laboratorio anti-doping russo. Dopo un anno e mezzo di preparazione Fogel partecipa alla gara, accorgendosi che il più grande cambiamento sta nella sua capacità di recupero: mentre l’anno prima aveva dovuto compiere un lungo percorso riabilitativo per riprendersi, finita la corsa dichiara addirittura di essere pronto a un’altra settimana di gara. E proprio su  Grigorij Rodčenkov, Fogel ammette: “Ero preoccupato all’idea di lavorare con Grigorij Rodčenkov, perché l’uscita del mio documentario gli avrebbe distrutto la carriera”.

Sull’inizio della sua carriera, Bryan Fogel confessa: “Per fare il mio primo show, Jewtopia, mi sono indebitato, ma lo abbiamo portato in America ed è stato un grandissimo successo”.