Gli svizzeri dicono di no all’abolizione del canone radiotelevisivo. L’iniziativa No Billang (dal nome della società che riscuote il canone) era partita nel 2015 con una raccolta firme promossa dalla destra nazionalista e dai giovani liberali. Si chiedeva, in nome di un mercato concorrenziale più libero, il passaggio ad un sistema di aste pubbliche per le concessioni tv a partire dal 2019 e la conseguente abolizione del canone, considerato troppo elevato. Infatti, nonostante la tassa radiotelevisiva svizzera scenderà nel 2019 a circa 365 franchi (l’equivalente di 321 euro), la tariffa resta comunque una delle più elevate rispetto alla media europea, ma la SSR, la società televisiva, ha sempre giustificato il costo dicendo che il fatto di dover garantire servizi e programmi in tutte le lingue nazionali richiede ingenti risorse.

Se avesse vinto il “Si” la Svizzera sarebbe stata il primo paese Europeo ad abolire il servizio pubblico nel settore radiotelevisivo, ma la SSR avrebbe sicuramente avuto grosse difficoltà a sostenere il servizio e con essa anche le 34 radio e tv private locali che ricevono parte del canone.

 

I cittadini svizzeri, con il 54% di affluenza, hanno comunque bocciato la proposta con una larga maggioranza (71,6% dei voti). Poche sono state le differenze percentuali da regione a regione: si va dal 78,3% del comune di Neuchâtel al 62,7% di Sciaffusa. I voti negativi nella regione italofona del Ticino si sono invece attestati al 65,5%, percentuale solo lievemente inferiore alla media nazionale.