Si colora sempre più di rosa la mappa del potere a Hollywood. Nella Mecca del cinema, travolta da un’ondata di scandali sessuali, le donne guadagnano posizioni come manager, registe e attrici, e aumenta pure il numero di storie al femminile, come dimostrano alcuni remake tipo Ghosbusters, con Melissa McCarthy e Kristen Wiig, e Ocean’s 8 con Cate Blanchett, Sandra Bullock e Rihanna, mentre è in preparazione un nuovo capitolo di Mercenari, la saga lanciata da Sylvester Stallone stavolta interpretata da un gruppo di agguerrite combattenti alle prese con un perfido sultano misogino.

La tendenza di adeguare i contenuti ai tempi che corrono non si limita a una più equa redistribuzione dei ruoli di genere, ma tiene in considerazione anche le categorie LGBT, come testimoniato dalla volontà della Disney di presentare un sequel del cartoon Frozen in cui Elsa, la sua eroina, è lesbica e non nasconde di avere una fidanzata al suo fianco. Questa vera e propria rivoluzione è partita dalla power list delle poltrone manageriali più ambite, tanto che parecchi executive di spicco sono stati sostituiti da donne.

Due studios su sei oggi vantano una guida femminile, vedi il caso di Stacey Snider a capo di 20th Century Fox, quello di Donna Langley che presiede Universal Studios o quello di Jennifer Salke, al vertice di Amazon Studios. Un sensibile incremento in questo senso lo si registra anche alla regia dei film, come dimostrato all’AFI Fest di Los Angeles, che si svolge in concomitanza col mercato dell’AFM a Santa Monica, in cui su 134 film ben 65 sono diretti da signore, quando l’anno scorso erano meno di un terzo. Il traguardo del fifty-fifty, ossia la parità completa, ormai è fissato, ma forse l’aspirazione segreta è addirittura quella di prendere il controllo di tutta la filiera, come per il nome della compagnia di Lynnette Howell Taylor, produttrice di A Star Is Born e fondatrice di “51 Entertainement”, dove 51 sta a indicare proprio la percentuale della maggioranza assoluta.