In un contesto globale in cui il turismo culturale si sta imponendo come uno dei segmenti più rilevanti e dinamici del panorama economico internazionale, il cineturismo è diventato un fenomeno in costante crescita, capace di generare un impatto economico significativo a livello mondiale.
Secondo l’United Nations World Tourism Organization (UNWTO), le destinazioni legate a produzioni cinematografiche registrano incrementi medi di presenze turistiche compresi tra il 25% e il 40% nei mesi successivi all’uscita di un film o di una serie di successo (UNWTO & Netflix, Cultural Affinity and Screen Tourism, 2021). Un dato che racconta bene la potenza promozionale dello schermo: non esistono altre forme di marketing territoriale in grado di produrre un impatto così immediato e trasversale su scala mondiale.
Le stime di mercato confermano la tendenza: un’analisi di Future Market Insights (2024) calcola che il settore del cineturismo passerà da 66,2 miliardi di dollari nel 2025 a quasi 146 miliardi nel 2035, con un tasso di crescita annuo dell’8,2%.
La crescita è trainata soprattutto dalla diffusione globale delle piattaforme di streaming, che hanno reso accessibili scenari e culture lontane a pubblici sempre più ampi.
Il potere del cineturismo emerge con chiarezza osservando alcuni casi ormai divenuti emblematici.
Un esempio dirompente è quello della Nuova Zelanda con Il Signore degli Anelli: tra il 2000 e il 2006 il numero di turisti è passato da 1,7 a 2,4 milioni, con un aumento del 40%. Molti attribuiscono questa crescita proprio all’impatto del turismo legato alla saga cinematografica.
Come sottolinea Kristin Thompson in The Frodo Franchise: The Lord of the Rings and Modern Hollywood, la decisione di Peter Jackson di girare interamente la trilogia nel suo Paese d’origine fu determinante: permise risparmi economici, introdusse innovazioni tecnologiche dirompenti e diede impulso all’industria cinematografica locale. Soprattutto, l’associazione diretta tra i paesaggi neozelandesi e l’immaginario di Middle-earth generò un autentico boom turistico, rafforzando e trasformando l’immagine internazionale del Paese. La trilogia, inoltre, non fu solo un successo cinematografico: attorno ad essa nacque una costellazione di attività collaterali – DVD, videogiochi, mostre ed eventi – che contribuirono a consolidarne l’impatto culturale ed economico a lungo termine.
Un altro caso significativo è quello dell’Irlanda del Nord con Game of Thrones. La serie HBO ha reso iconici castelli, coste e vallate, oggi parte di tour tematici e itinerari ufficiali. I flussi turistici generati hanno portato non soltanto benefici immediati alle economie locali, ma anche alla creazione di attrazioni permanenti, come il museo dedicato alla serie inaugurato nei set originali.
Il fenomeno ha determinato un aumento significativo del turismo, con stime per il 2018 che indicano circa 350.000 turisti in più e un valore stimato di oltre 55 milioni di euro grazie al turismo legato alla serie.
Anche la Scozia dimostra come cinema e serie TV possano trasformarsi in strumenti di promozione turistica, confermando come produzioni audiovisive possano influenzare positivamente le economie locali e creare nuove attrazioni culturali e turistiche.
Il cosiddetto “effetto Outlander” ha portato a incrementi record di visitatori nei siti storici: nel 2017 il Blackness Castle ha registrato un +72%, il Doune Castle un +50%, mentre altri luoghi come Linlithgow Palace e la Cattedrale di Glasgow hanno visto crescite superiori al 40%.
Non è la prima volta che accade, anche Harry Potter continua ad attrarre numeri da record: il viadotto di Glenfinnan, reso famoso dall’ “Hogwarts Express”, ha registrato nel 2023 quasi 500.000 visitatori in dieci mesi, con un +46% sul 2022. L’inconfondibile ponte vittoriano è oggi una delle mete più visitate delle Highlands, simbolo di come lo schermo possa trasformare un luogo storico in destinazione globale.
Nel Regno Unito, invece, tour legati a serie come Downton Abbey, Bridgerton, Harry Potter e Sherlock fanno ormai parte dell’offerta consolidata. In particolare, Highclere Castle, la dimora reale che ha ospitato le riprese di Downton Abbey, accoglie circa 30.000 visitatori ogni anno, con un indotto stimato in oltre 172 milioni di sterline legato al brand della serie tra biglietti, merchandising e ristorazione.
Il comune denominatore è evidente: dove si investe in infrastrutture, marketing e percorsi esperienziali, il cineturismo genera ricadute economiche durature e capacità di rilancio territoriale.
Il cineturismo non riguarda soltanto i luoghi, ma anche i marchi, che possono diventare parte integrante del racconto cinematografico. Nel film dell’anno, Barbie, Weird Barbie offre a Barbie due scelte: restare nel perfetto mondo di Barbieland con décolleté rosa lucido con tacco alto, oppure entrare nel mondo reale indossando i sandali Birkenstock, simbolo di autenticità e semplicità.
Questa scena ha scatenato un’impennata della domanda: secondo 3DLOOK, società specializzata in camerini virtuali, le vendite di Birkenstock sono aumentate del 340%. Le ricerche online sono cresciute del 518% nel Regno Unito.
In Italia il potenziale è enorme, ma i numeri raccontano un fenomeno ancora sottoutilizzato. La ricerca di JFC Tourism & Management (2023), presentata da Italy for Movies, stima in circa 600 milioni di euro il valore economico annuale del cineturismo nel nostro Paese. La cifra include sia la spesa dei turisti che scelgono di visitare location cinematografiche e televisive, sia quella generata dalle troupe durante le riprese.
Secondo gli stessi dati, circa 1,3 milioni di pernottamenti annui sono riconducibili direttamente al cineturismo, a cui si aggiungono oltre 11 milioni di visite giornaliere.
L’ agenzia nazionale del turismo (ENIT), ha stimato che almeno 5,5 milioni di presenze complessive nei flussi turistici italiani abbiano motivazioni legate al cinema o alla televisione (2023). Numeri importanti, ma ancora limitati se confrontati con le potenzialità di un Paese che dispone di oltre 19 Film Commission attive e di una varietà paesaggistica e culturale senza eguali.
Gli esempi locali dimostrano la forza del fenomeno: Matera ha conosciuto un incremento del 143% degli arrivi internazionali già nel 2004, grazie a La Passione di Cristo di Mel Gibson, successo che ha contribuito alla candidatura della città a Capitale Europea della Cultura 2019. Il castello di Aglié, in Piemonte, ha visto passare i visitatori da appena 1.300 a oltre 15.000 in un mese dopo la messa in onda di Elisa di Rivombrosa. La Sicilia ha reso i luoghi del Commissario Montalbano tappe irrinunciabili di tour organizzati, generando indotto costante per ristorazione e ospitalità.
Eppure, secondo le ricerche più recenti, l’Italia intercetta solo 150.000 movie-tourists internazionali l’anno, con una permanenza media di 1,5 notti e circa 226.000 presenze complessive (MilanoPost, 2024). Numeri che mettono in luce il gap rispetto ad altri Paesi europei.
Il successo del cineturismo in Italia dimostra quanto sia decisivo accompagnare le produzioni con politiche mirate e partnership pubblico-private. Non basta la fortuna di ospitare un grande set: occorre trasformare l’interesse momentaneo in un flusso costante e strutturato di visitatori.
In questa direzione, tre strumenti si rivelano strategici.
Il primo è il rafforzamento delle Film Commission regionali, che già oggi svolgono un ruolo essenziale nel facilitare le produzioni e nel collegare l’industria audiovisiva con quella turistica. Potenziarne le risorse significa garantire maggiore attrattività per le produzioni internazionali e al tempo stesso preparare i territori ad accogliere i nuovi visitatori. Il secondo è rappresentato dalle agevolazioni fiscali e dagli incentivi mirati: tax credit, fondi per co-produzioni e supporti logistici rendono competitivo il nostro Paese nello scenario globale, attraendo investimenti stranieri e moltiplicando l’effetto indotto sul turismo. Il terzo riguarda la promozione integrata: cinema e turismo devono dialogare attraverso campagne coordinate, itinerari tematici, applicazioni immersive e tour esperienziali che trasformino il set in un prodotto culturale duraturo. Le esperienze internazionali dimostrano che, quando questi tre elementi si muovono all’unisono, l’impatto è tangibile e stabile nel tempo.
Se ben gestito, il cineturismo è un veicolo di promozione culturale, capace di esportare l’immagine dell’Italia nel mondo, ma anche una leva economica strategica in grado di rafforzare la competitività internazionale del nostro sistema turistico.
Ogni set può trasformarsi in un portale d’accesso al territorio, moltiplicando opportunità per ristorazione, ospitalità, artigianato, servizi e occupazione.
In un’epoca in cui le immagini viaggiano più velocemente delle persone, saper convertire l’emozione dello schermo in esperienza reale significa generare sviluppo sostenibile e duraturo per le comunità locali.
Il cinema, dunque, non solo racconta storie: può scriverne di nuove per i territori, trasformandoli da semplici scenografie in protagonisti dell’economia turistica globale.