Il cinema, con la sua magia, ha il potere di trasformare luoghi reali in scenari capaci di imprimersi profondamente, e spesso in modo duraturo se non definitivo, nell’immaginario collettivo, unendo il mondo dell’audiovisivo al motore del turismo. Oggi questa particolare quanto unica combinazione costituisce un vero e proprio fenomeno economico – culturale definito cineturismo.

Questo termine è stato introdotto nel 2003 nel corso dell’Ischia Film Festival da Michelangelo Messina, direttore artistico della rassegna. Da allora, ciò che fino a quel momento aveva a che vedere con il semplice quanto diffuso desiderio di “vivere dentro un film”, ha trovato una sua specifica definizione, un nome capace di dare concretezza a un fenomeno reale. Già negli ultimi anni del Novecento, nell’ambito delle produzioni anglosassoni, si parlava di film induced tourism per indicare l’aumento improvviso di flussi di visitatori in alcune località rese celebri da pellicole di successo. In Italia questo concetto ha preso campo qualche anno dopo, ma ci si è potuto ben presto accorgere della sua fondatezza, poiché le economie dei luoghi ospitanti le produzioni cinematografiche ne traevano evidenti benefici economici soprattutto quando a muoversi sotto i riflettori erano star riconosciute a livello internazionale.

In ogni caso, ospitare un set non significa solo attrarre nuove narrazioni e visibilità internazionale, ma comporta anche ricadute immediate sul territorio in termini di lavoro, servizi e promozione. Tuttavia, questo beneficio economico ha una durata limitata nel tempo. Smontato il set ognuno torna a casa sua. Da quel momento, se il film ha riscosso un certo successo e se i luoghi in cui si è svolto il racconto sono stati sufficientemente valorizzati e resi riconoscibili, allora quel posto, quel paesaggio, quella strada fanno ingresso nell’immaginario del pubblico; il luogo diventa esso stesso protagonista, non più semplice sfondo della narrazione. Lo spettatore, già coinvolto emotivamente dalla storia, sente il desiderio di vedere con i propri occhi gli scenari del film e per rivivere le emozioni provate sullo schermo. È in quel momento che la suggestione si trasforma in viaggio, dando vita a un circuito virtuoso in cui cinema e turismo si alimentano a vicenda.

Il cineturismo, infatti, non si limita a un fenomeno meramente economico o geografico, esso affonda le sue radici nella psicologia umana. Gli spettatori non si limitano a osservare passivamente le storie sullo schermo; sono spinti dall’identificazione con i personaggi, dall’immersione narrativa e dal desiderio di esperienze autentiche a voler vivere in prima persona le emozioni che hanno sperimentato positivamente durante la visione del film, e il modo più immediato e coinvolgente è quello di visitare i luoghi in cui si è svolta la storia che tanto li ha colpiti.

Jonathan D. Cohen, psicologo e neuroscienziato cognitivo statunitense, esperto nello studio del controllo cognitivo e dei suoi meccanismi neurali, ha elaborato una teoria capace di chiarire questo fenomeno. In un suo articolo del 2001, Defining Identification: A Theoretical Look at the Identification of Audiences with Media Characters, Cohen esplora come gli spettatori stabiliscano legami psicologici con i personaggi dei media. Se un personaggio vive esperienze felici o romantiche in un luogo, lo spettatore associa emozioni positive al luogo reale, rafforzando la motivazione a visitarlo. Secondo la teoria di Cohen, l’identificazione emotiva e cognitiva con i personaggi cinematografici trasforma la fruizione passiva in desiderio attivo: il turista non vuole solo osservare un luogo, ma rivivere le esperienze emotive del personaggio. Questo meccanismo spiega il successo mondiale delle location cinematografiche come mete turistiche autentiche.

L’identificazione dipende da fattori legati ai personaggi (tratti eroici, senso dell’umorismo, ruolo nella trama), da fattori autoriali (narrazione in prima persona, dialoghi) e dalle caratteristiche degli spettatori (età, genere, personalità, motivazioni sociali). Comprendere e provare empatia per i personaggi aumenta il coinvolgimento, il piacere della visione e la sensazione di essere immersi nel mondo della storia.