La settimana scorsa, nel nostro primo focus sull’impatto della Brexit sull’Audiovisivo abbiamo dato un’occhiata ai possibili sviluppi dell’uscita dall’Unione Europea sia per le industrie britanniche che per quelle Europee. In quest’ottica, alcuni profetizzano conseguenze catastrofiche a causa della possibile fine della libertà di movimento delle persone tra UK e UE, mentre altri, più vicini al governo britannico, hanno parlato dei benefici che potrebbero derivare dalla maggiore autonomia politica.

In questo contesto non ancora ben definito, le maggiori preoccupazioni si concentrano in quattro aree principali: i problemi per la forza lavoro, le questioni relative ai fondi europei, il possibile calo di esportazioni e le eventuali modifiche del quadro politico. Ma in che misura l’ambiente televisivo e cinematografico possono influenzare l’esito dei negoziati portati avanti dai leader politici? L’uscita dall’Europa cosa potrebbe significare per le industrie del settore? Per il momento, una diecina dei 58 reports del Governo che riguardano le conseguenze della Brexit sui diversi settori industriali parlano dell’ambito creativo e mediatico.

La questione della potenziale riduzione dei fondi è particolarmente complessa dal momento che è difficile determinare in che misura il Creative Media Program (il sotto-settore dedicato ai media del Creative Europe) possa assicurare il consueto budget per i prossimi anni. Nell’ultimo mezzo secolo, il Media Program è stato coinvolto in alcuni dei più importanti progetti europei sia in campo cinematografico che televisivo. Creative Europe è stata istituita nel 2014 dalla Commissione con lo scopo di supportare i settori della cultura e dell’audiovisivo e attualmente ha in programma un contributo di 1.46 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.

Secondo le autorità britanniche, “Tra il 2014 e il 2016, Creative Europe ha sostenuto la distribuzione di 115 film britannici nel resto delle nazioni europee”. Il comitato per Digital, culture, media and sports della Camera dei comuni nel suo secondo report della sessione 2017-2019 riporta che le sovvenzioni ammonterebbero a 57 milioni di euro, il che significa che “il Regno Unito ha beneficiato dell’11% circa dell’intero budget della Creative Europe in quel periodo, corrispondente a 520 milioni di euro”.

Con questi dati, è chiaro che avere un finanziamento sicuro da parte della Creative Europe nel prossimo periodo è importante anche per garantire un accesso agli investimenti privati nei progetti futuri. Secondo la sezione britannica del Creative Europe, i fondi europei sono stati essenziali per assicurare finanziamenti aggiuntivi ad oltre la metà (52%) delle industrie mediatiche. Infatti, i beneficiari di questo sotto-programma media (del Creative Europe) sono stati in grado di far crescere i loro finanziamenti fino a raggiungere 108 milioni di euro di fondi aggiuntivi dal 2014 al 2016.

Perciò, non ci sono dubbi sul fatto che il finanziamento sarà rinnovato dal 2021 al 2027. La domanda ora è se il budget assegnato sarà abbastanza da generare un reale impatto sul settore, come è stato fatto nel passato. Dalla fine del 2013, però, hanno avuto priorità altre questioni più urgenti e critiche per quanto concerne l’allocazione dei fondi, come la crisi dei rifugiati. Dall’altra parte, è stato riportato da una valutazione interna di Creative Europe che il programma Media risulta troppo frammentato, diviso in quattordici schemi e in venti iniziative, che potrebbero rendere più difficile l’analisi dell’effettività del budget garantito.

A questo riguardo, l’anno scorso, nell’introduzione al Film Forum europeo tenutasi durante il Festival di Berlino, il commissario UE per l’Economia e la Società digitale, Mariya Gabriel, ha sottolineato alcune possibili soluzioni per il Programma Media. Come lei ha sostenuto “Forse è il momento di limitare il numero di interventi, per averne di meno ma più efficaci e per massimizzare gli effetti dei nostri più grandi progetti” e poi ha aggiunto “L’importante è mantenere il budget semplificando gli schemi attuali per vedere come poter rafforzare la distribuzione”. Infatti, con il 39% dei fondi del Media Program, la distribuzione continuerà ad essere uno dei punti focali della discussione. Gabriel ha suggerito inoltre che la priorità più grande al momento è aumentare la consapevolezza del successo raggiunto con i fondi del Media Program. Siccome adesso la produzione è responsabilità dei singoli paesi, bisognerebbe concentrare gli sforzi per incrementare la circolazione cross-border dei film, tv shows e videogiochi tramite una distribuzione targettizzata, sviluppo e miglioramento.

Ovviamente, con il grande impatto che il fondo ha avuto sul settore, l’obiettivo di incrementare la circolazione dei prodotti non sembra essere troppo difficile da raggiungere. Un altro speaker al Forum Film europeo, Rodolphe Buet, presidente del Global Road Ent., ha sottolineato che “il patrimonio cinematografico europeo è molto apprezzato a livello internazionale ed ha un supporto e una regolamentazione molto ben definiti”. Solo per menzionare alcune delle realizzazioni, sei degli ultimi nove vincitori dell’Oscar per il Miglior film straniero hanno ricevuto finanziamenti dal fondo Creative Media. Inoltre, l’iniziativa Europa Cinemas supporta 1182 sale cinematografiche in 682 città in 69 paesi in tutto il mondo proponendo molte pellicole di origine Europea. Serie europee come “Versailles” e “The Bridge” hanno ricevuto supporto dal fondo, e ne ha beneficiato anche “Il discorso del re” con 1 milione di euro per la sua distribuzione in Europa.

Fortunatamente, alcuni degli sforzi fatti per aumentare la consapevolezza dell’utilità di questi interventi sembra che siano stati recepiti pure dal Governo britannico, che sta cercando di assicurare che quel range di risorse finanziare non svanisca quando UK lascerà l’Europa. Il dipartimento Digital, culture, media e sport del governo britannico alla Camera dei Comuni “ha assicurato che tutti i progetti dei fondi strutturali e di investimento europei (ESIFs), già firmati o con accordi di finanziamento in corso prima dell’Autumn Statement, saranno finanziati interamente, anche si concluderanno dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione”.

Per quanto riguarda le co-produzioni televisive tra UE e UK, sono stati fatti degli sforzi per superare la crisi provocata dalla Brexit. I nuovi modelli di produzione presi dalla TV Anglo-Sassone, come il modello della figura professionale dello showrunner, nel quale il direttore gioca un ruolo più attivo, o i cosiddetti Commisioning club, dove gli attori internazionali lavorano insieme per produrre contenuti di alto livello, sono stati argomenti di discussione nella scorsa edizione del MIA e sono stati adottati come possibili strategie per mantenere la cooperazione tra Unione europea e Regno Unito. “Stiamo provando a vedere se, lavorando in maniera simile tra UK e UE in termini di modelli di produzione e anche nella sfera creativa, possiamo superare gli ostacoli che la Brexit potrebbe causare”, ha dichiarato Lucia Milazzotto, direttore del MIA.