Forse non tutti sanno che le storie raccontate dai film di Hollywood e dal cinema in generale non sono tratte unicamente da libri, ma spesso traggono ispirazione da semplici articoli di giornale. In questo senso, la casa editrice più saccheggiata è la Condè Nast, con testate come Allure, The New Yorker, Vanity Fair, GQ o Wired, i cui servizi sono all’origine di tanti blockbuster e premi Oscar come Boys don’t cry, Brokeback Mountain, The Bling Ring, Le ragazze del Coyote Ugly o Argo. Solo nel 2011, però, la casa editrice ha aperto la Condè Nast entertainment, divisione guidata da Dawn Ostroff per produrre, distribuire e valorizzare i contenuti dei periodici di Condè Nast, monetizzandoli attraverso la loro declinazione in film, show, serie tv o video digitali. Tuttavia, le produzioni più recenti hanno avuto risultati altalenanti. Nel 2016 il film Army of one (ispirato a un pezzo uscito su GQ), con Nicholas Cage come protagonista, è stato stroncato dalla critica e neppure distribuito nelle sale cinematografiche americane; mentre le cose sono andate un po’ meglio nel 2017 a Only the brave (sempre ispirato da GQ), con Jeff Bridges e Jennifer Connelly, i cui buoni incassi in tutto il mondo non hanno però ancora coperto le ingenti spese di produzione. Al momento ci sono allo studio 35 progetti per il cinema, inclusi Old man and the gun con Robert Redford e King of the jungle con Johnny Depp, ma meglio sta andando con i prodotti per il web o seriali, dove si è registrato infatti un boom di visualizzazioni nello scorso anno per contenuti come Vogue’s 73 questions o Wired’s autocomplete interviews. Molto bene è andato pure Last chance U (tratto da GQ) su Netflix, o il crime drama Vanity Fair confidential, in onda sul canale televisivo Investigation Discovery. Come ha spiegato la Ostroff, ci sono comunque molte opportunità offerte dalla crescita di Amazon prime video, Hulu o Netflix, e tra tv e film sono ora allo studio di Condè Nast entertainment oltre 65 progetti.